Le mie idee

La sinistra, liberata dai lacci centristi e dai pruriti prodiani, deve ricostruire la sua unità con un programma chiaro, con una scelta di campo decisamente a favore dei poveri e del lavoratori e con una classe dirigente che lotta per gli ideali e non per la propria poltrona.

La “crescita” è, per la sinistra, un insieme di conquiste economiche e sociali, per la destra solo economiche, dal momento che lo spazio di azione del sociale è qui pensato come autoregolante. Bisogna dunque essere chiari su “cosa” riformare,prima ancora che su “come”.

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STABILIZZARE I PRECARI

Un primo problema è rappresentato dai precari della Pubblica Amministrazione. Si tratta di una delle componenti maggiori della cosiddetta area del precariato, costituitasi nel coso degli anni e senza che siano stati attivati processi veri e radicali di ottimizzazione delle risorse impegnate.Prospettare un processo di stabilizzazione significa ripensare a strumenti di welfare nuovi ed in parte da reinventare: in modo da “efficientare” e, ad un tempo, creare una sorta di “ammortizzatore attivo”  per cui il salario viene concesso a fronte di prestazioni in qualche modo riconducibili all’utilità pubblica. Negli anni, per una serie di fenomeni, il precariato nella PA ha raggiunto cifre impressionanti. In un sistema pubblico (niente affatto superaffollato in Italia, rispetto ad altri Paesi europei), sempre più articolato ed in gran parte ammodernato (basti pensare ai livelli di responsabilità oggi gravanti sulle amministrazioni), il livello occupazionale è rimasto sostanzialmente invariato. Qui bisogna essere intellettualmente onesti. In quasi tutti i casi , i limiti imposti dal sostanziale divieto di occupazione, sono stati aggirati facendo ricorso a personale precario.

FLESSIBILITA’ E PREACARIATO

Sono convinto della sostanziale giustezza di una legge, fortemente demonizzata dalla sinistra massimalista, quale la “Biagi” (peraltro esplicitamente collegata al “Pacchetto Treu”). Si tratta di un impianto lavoristico che riordina le tipologie di contratto ed introduce elementi per un loro controllo sociale e politico. E’ sbagliato identificare precariato e flessibilità. Si tratta di due concetti diversi che, se contrapposti, impediscono una riflessione su un tema sicuramente insidioso. Soprattutto se si pensa che è la stessa categoria di “lavoro” ad essersi modificata nell’èra della globalità. Pur con le necessarie tutele (basterebbe ad esempio individuare alcuni diritti ed alcune soglie minime), il lavoro è sempre più produttore di reddito piuttosto che di salario, quando è qualificato e paradossalmente sempre più precario quando è poco qualificato. Una forza di sinistra allora non può non assumere quale principio valoriale quello della qualificazione del lavoro e del controllo del mercato.

IL FALLIMENTO DEL JOBS ACT

Il fallimento del Jobs Act è stato certificato: i risultati sono peggiori del 2014, negli ultimi mesi, finita la sbornia degli incentivi, abbiamo avuto un 77% in meno dei contratti a tempo indeterminato, il precariato è aumentato del 22% e gli assunti con lo schiavismo dei voucher sono aumentati del 45%. Come possono aver votato i parlamentari socialisti il maledetto Jobs Act, che regala finanziamenti agli industriali per tre anni, che consente licenziamenti senza più l’art.18, e trasforma in modo inutile il tipo di contratti? Brodolini, ministro socialista e padre dello Statuto diceva: “Siamo da una parte sola,dalla parte dei lavoratori.”

IL DIRITTO ALLA PENSIONE

La trasformazione ormai completa del sistema pensionistico, da retributivo a contributivo,   impone un “progetto di accantonamento” di almeno quarant’anni.  Calcolando il limite pensionistico a settant’anni, significa che occorre cominciare ad accantonare almeno dai trent’anni. Politiche vere a favore della famiglia non possono non contemplare alcune “certezze”  fondamentali che vanno ad ogni modo garantite. Si tratta di una sorta di diritti irrinunciabili, il primo dei quali è rappresentato dalla certezza ad una vita lavorativa  (con conseguente approdo al sistema pensionistico) in grado di consentire una qualche forma di modello esistenziale.

LA PATRIMONIALE

In Italia il 10% della popolazione possiede il 50% della ricchezza. Il divario tra ricchi e poveri cresce paurosamente. Occorre quindi ripensare seriamente  ad una politica che permetta una redistribuzione della ricchezza. La stessa Confindustria ha avuto modo di dichiarare la sua disponibilità alla applicazione di una patrimoniale, ma la politica si è dimostrata divisa. Basterebbe un prelievo dell’uno per mille sulle grandi ricchezze, per non più di cinque anni per assestare un colpo duro al debito pubblico e riportarlo su valori accettabili.

LA RIDUZIONE DELLE SPESE MILITARI

Bisogna rinunciare all’acquisto dei cacciabombardieri F35, dei droni, delle nuove portaerei e di gran parte delle spese militari per le missioni all’estero. La sola riduzione di tali costi, risolverebbe il problema della sanità italiana. La difesa deve divenire europea, come italiani non abbiamo nemici da bombardare o combattere.

FAR PAGARE L’ IMU AL VATICANO

Per l’IMU la battaglia con la Chiesa si è fatta ardua, sulla definizione dei luoghi di culto che dovrebbero essere esentati. Bisogna far pagare al Vaticano le tasse che non paga: si tratta di circa 11 miliardi l’anno che sfuggono al fisco, 100.000 edifici di proprietà, di cui molti extraterritoriali, e dopo 150 anni dall’Unità d’Italia, tale privilegio dovrebbe sparire, 1600 cliniche e ospedali, 180 università private, 1500 musei (la sola Cappella Sistina ha 20.000 visitatori al giorno al costo di 30 euro ognuno, senza pagare tasse, SIAE od altro, per un totale di 600.000 euro al giorno). Sono migliaia i monasteri, i conventi e i palazzi trasformati in alberghi e ristoranti, per il Vaticano esentasse, senza parlare delle scuole religiose che sottraggono finanziamenti statali a quelle pubbliche.

I LIBRI CHE HO SCRITTO:

Angelo primo libro 001          Angelo secondo libro 001